Codice Di Camaldoli
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CODICE DI CAMALDOLI: Settanta anni
La capacità di immaginare il futuro per economia e società, da Camaldoli alla Costituzione, all'invenzione dell'economia mista italiana, allo schema Vanoni, ai patti di Roma.
Celebrazione dei Settanta Anni dalla Settimana dei Laureati Cattolici del 1943, il cui scaturì il Codice di Camaldoli e si stilò l'atto di nascita dell'economia pubblica. L'evoluzione degli economisti e dell'economia italiana nel 1943.
Università degli Studi Link Campus University, Roma, Via Nomentana, 335
Giornata di Studi, 20 Settembre 2013 – ore 08.30/19.30
I filoni di domanda della giornata di studi su Camaldoli: a) il buco storiografico degli anni Quaranta (specie per la storia economica); b) la cultura economica negli anni Quaranta e l’invenzione dell’economia pubblica italiana; c) l’adeguamento della dottrina sociale della Chiesa con lo “sgombero” del corporativismo cristiano dall’orizzonte; d) l’influenza decisiva del pensiero economico dei laici cattolici sulla nuova dottrina sociale della Chiesa patrocinata da Giovanni Battista Montini; il disegno di un’economia politica da parte di economisti cattolici; e) radici di visione europea nel pensare la ricostruzione economica e civile; la base europea del nuovo pensiero economico e sociale dei cattolici tedeschi, francesi e italiani.
Sono previsti gli interventi di: Vincenzo Scotti (Presidente Link Campus University, già Ministro), Giuseppe Di Taranto (LUISS), Piero Barucci (Economista, già Ministro, Membro Presidenza Autorità Garante Concorrenza e Mercato), Stefano Baietti (Esperto di storia economica, MEIC), Ivo Maes (Banca Nazionale del Belgio), Giovanni Farese (LUISS), Enrico Galavotti (Fondazione per le Scienze Religiose Giovanni XXIII), Francesco Forte (Economista, già Ministro), Giuseppe Sangiorgi (Giornalista e accademico), Flavio Felice (Pontificia Università Lateranense), Giorgio La Malfa (Economista, già Ministro, Presidente della Fondazione Ugo La Malfa), Francesco Paolo Casavola (Filosofo del diritto e giurista, già Presidente dell’Istituto Treccani, Presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica), Markus Krienke (Facoltà di Teologia di Lugano), Antonio Magliulo (Libera Università S.Pio V), Sergio Zoppi (Storico e saggista), Gennaro Acquaviva (Presidente Fondazione Socialismo), Sergio Zaninelli (Università Cattolica), Nicola Acocella (Economista), Roberto Bonuglia (Storico), Giorgio Campanini (Storico), Mario Avagliano (Giornalista e Storico), Giuseppe Parlato (Storico), Piero Craveri (Storico), Giovanni Pallanti (Università di Firenze, già Assistente di Giorgio La Pira), Carlo Felice Casula (Storico, Università Roma 3), Cesare Mirabelli (Costituzionalista, già Presidente della Corte Costituzionale), Giorgio Cigliana (già Direttore Generale Crediop), Adriano Ossicini (già Senatore e Ministro), Giovanni Grasso (Ricercatore), Romano Molesti (Economista, Università di Verona), Giancarlo Pallavicini (Accademia delle Scienze della Federazione Russa, inventore dell’”economia di comunità”), Giuseppe Fornasari (Presidente Banca Etruria), Renato Balduzzi (Costituzionalista Università Cattolica, già Ministro, già Presidente MEIC), Felice Santonastaso (Professore Emerito di diritto privato e comunitario Univ. Roma La Sapienza), Andrea Favaro (Docente presso l’Istituto Marcianum, MEIC), Tiziano Torresi (Ricercatore Universtà Roma 3), Simone Bocchetta (Edizioni Studium), Francesco Petrillo (Filosofo del diritto, Link Campus University), Lorenzo Malagola (Fondazione Alcide De Gasperi), Luca Gallizia (Rettore Università Europea di Roma), Benedetto Ippolito (Fondazione Fanfani), Ettore Bernabei (Presidente Emerito Lux Vide)
Sessione Pomeridiana
Dopo Camaldoli: dalla Costituente alle elezioni del 1948; dal IV governo De Gasperi alla firma dei Trattati di Roma (con inserimento, tra gli allegati agli stessi, dello Schema Vanoni)
•Gli anni Quaranta di Ezio Vanoni (Francesco Forte, Stefano Baietti)
•Gli anni Quaranta di Giovanni Battista Montini (Stefano Baietti)
•Gli anni Quaranta di Luigi Einaudi (Giovanni Farese)
•Gli anni Quaranta di Meuccio Ruini (Stefano Baietti)
•Gli anni Quaranta di Giorgio La Pira (Giovanni Pallanti)
•Gli anni Quaranta di Giorgio Ceriani Sebregondi (Carlo Felice Casula)
•Gli anni Quaranta di Costantino Mortati (Cesare Mirabelli)
•Gli anni Cinquanta e Sessanta di Guido Menegazzi (Romano Molesti)
•Gli anni Settanta e Ottanta di Giancarlo Pallavicini (Giancarlo Pallavicini)
•Gli anni Quaranta di Oddone Fantini (Giuseppe Fornasari)
Compartecipano all’iniziativa della giornata:
•Associazione Nazionale fra le Banche Popolari
•Centro Culturale Leone XIII
•Centro Studi Politici E Sociali F. M. Malfatti
•Congregazione Camaldolese dell’ordine di San Benedetto
•Economia reale
•Edizioni Studium
•F.U.C.I. – Federazione Universitaria Cattolica Italiana
•Fondazione F.U.C.I.
•Fondazione Censis
•Fondazione De Gasperi
•Fondazione Giulio Pastore
•Fondazione Luigi Einaudi – Torino
•Fondazione Roma
•Fondazione Scire Giovanni XXIII
•Fondazione Socialismo
•Fondazione Ugo La Malfa
•Istituto Piepoli
•Istituto Sturzo
•MEIC – Movimento Ecclesiale Di Impegno Culturale
•Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze “Ezio Vanoni”
•SIOI – Società Italiana per l’organizzazione Internazionale
•Società Europea di Cultura
Partecipano all’iniziativa della giornata:
•Accademia dei Lincei
•Fondazione Lelio e Lisli Basso Issoco
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UNIVERSITA' DEGLI STUDI LINK CAMPUS UNIVERSITY
GIORNATA IN CELEBRAZIONE DEI 70 ANNI DEL CODICE DI CAMALDOLI,
ROMA, BIBLIOTECA UNIVERSITARIA , 20 SETTEMBRE 2013
GIANCARLO PALLAVICINI, Economista, Accademico delle Scienze Federazione Russa
"L'economia libera, ma responsabile e i primi fondamenti della responsabilità sociale d'impresa, avviati nel 1961 col "Metodo della scomposizione dei parametri" di Giancarlo Pallavicini, e la concreta applicazione nell'Economia di Comunione", ideata da Chiara Lubich con la spiritualità del Movimento dei Focolari da Lei fondato a Trento nel 1943, nelle connessioni con la Politica Economica"
Torna Caino? Mi chiedo, come già ebbi a fare nel 2000 al Convegno Internazionale su "Etica e Finanza" della Fondazione Vaticana "Centesimus Annus - Pro Pontificie", trattando della globalizzazione senza regole, se possa oggi ripetersi l'antica vicenda che già fu in danno di Abele.
Cioè mi chiedo: se sia possibile che una parte dell'umanità operi disinteressandosi degli effetti sugli altri; se sia ammissibile che pochi addetti alla finanza internazionale, nella ricerca di smodati guadagni, abbiano potuto innescare la crisi che dagli USA ha coinvolto l'intero mondo; se abbia avuto senso distribuire nel mondo un volume di derivati tra 7 e 10 volte volte il PIL globale e provocare una crisi sistemica, che può essere temporaneamente anestetizzata, ma non risolta.(*)
Con riferimento al nostro Paese, mi chiedo se sia accettabile che le banche abbiamo rinunciato a gran parte del ruolo che ad esse compete, di circuito finanziario per tramite del quale le risorse disponibili per l'investimento affluiscono ai settori che ne abbisognano, riducendosi a supermercati di titoli, anche derivati, di cui è difficile valutare la rischiosità , che viene traslata sulla clientela; se è lecito ignorare i contenuti sociali di rilievo dell'attività delle banche, il cui comportamento incide sulle disponibilità di denaro investibili o destinabili al consumo della popolazione; se è ammissibile un abnorme drenaggio fiscale, del quale potrebbe persino essere posta in dubbio la legittimità, allorché impedisce la normale attività d'impresa e riduce le possibilità di lavoro o alimenta flussi di spesa eccessivi, talvolta poco trasparenti, e sostiene la gravosità burocratica degli apparati in danno delle imprese, sino a ridurne sensibilmente la capacità competitiva loro e del sistema Paese; se abbia senso spendere oltre ciò di cui si dispone oggi e potrà aversi nel futuro; se è equo rinviare i pagamenti dovuti per prestazioni alla Pubblica Amministrazione ad ogni livello; infine, e non esaustivamente, mi chiedo se la Politica Economica possa restare ai margini di questi aspetti e subire l'alea della vanificazione dei risultati prescelti e attesi.
Da tutto ciò può evincersi che occorre un cambiamento culturale, che rivaluti la Politica Economica e illumini i comportamenti degli operatori. Si tratta preliminarmente di ricuperare la dimensione relazionale che riconnetta l'economia in generale con le istanze riguardanti l'uomo ed il suo ambiente sociale, culturale e naturale, da tempo persa nella ricerca di una identità dell'economia come scienza, che ha prodotto un'eccessiva attenzione al solo profitto. Nell'assenza di un'economia mediata culturalmente, anche da istanze spirituali, il denaro, quasi nuovo Molok, da mezzo è diventato un fine unico, indifferente ad ogni altro valore. Eppure l'attenzione ai valori dell'uomo e del suo ambiente sociale, culturale e naturale è stata richiamata, sin dai lontani anni 1960, come fattore suscettibile di apportare valore all'impresa e di accrescere la dignità del lavoro, che ne risulterebbe motivato e ulteriormente gratificato, migliorando la professionalità degli addetti, con favorevole influenza anche sullo sviluppo delle personalità e sull'equilibrio sociale e, quindi, con effetti anche macroeconomici, che richiamano modalità e strumenti della Politica Economica, come meglio esplicitato in prosieguo. Qualcosa di diverso e molto di più dei recenti sviluppi della responsabilità sociale d'impresa, dei codici etici e dei bilanci sociali.
Risale, infatti, agli anni 1960 l'intuizione che l'attività d'impresa, pur facendo perno sull'aspetto economico della vita aziendale e, quindi, sul profitto, non potesse più trascurare una serie di istanze morali, etiche, sociali, culturali e dell'ambiente, come aspetto non direttamente economico dell'attività, ma in grado di influire sul suo risultato. Non fosse altro che per il fatto che tali istanze definiscono l'habitat in cui l'impresa vive ed opera e influenzano le possibilità di successo dell'impresa stessa. Tutto ciò non come mera affermazione di un principio, ma in modo esplicito, ponendo a lato della normale contabilità in moneta di conto, una modalità di valutazione dei risultati "non direttamente economici", attraverso il "Metodo della scomposizione dei parametri", che ha avuto un'iniziale applicazione negli anni 1960, con Giordano Dell'Amore alla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde e approfondimenti con la perestrojka di Michail Gorbacev, all'Istituto di Economia dell'Accademia delle Scienze con Leonid Abalkin e sino all'avvento di Boris Eltsin, a ciò meno interessato, e nell'ambito di illuminati economisti cubani. La stessa mia nomina a Primo consulente occidentale del Governo Sovietico, poi Russo, per la riforma economica, è dovuta all'attitudine a conciliare il libero mercato con i valori dell'uomo, risultante dal mio "Metodo della scomposizione dei parametri".
A quest'ultimo la Treccani on-line ha dedicato una voce dalla quale si evince come esso valuti, tra l'altro, le relazione fra l'iniziativa economica e i portatori di interesse, i cosiddetti stakeolders, sia all'interno, sia all'esterno, favorendo un virtuoso clima partecipativo.
Una simile caratteristica risulta particolarmente accentuata nell'ambito delle imprese dedite all' Economia di Comunione ideata da Chiara Lubich, avviata in Brasile nel 1991 ed estesa poi in tutti i Continenti, nell'ambito del Movimento dei Focolari, creato a Trento nel 1943, negli stessi rigori della seconda guerra mondiale in cui è stato realizzato il Codice di Camaldoli.
Attualmente nell'Economia di Comunione, della quale sin dall'origine resto fautore e divulgatore per invito della fondatrice, di cui all'allegata corrispondenza, sono operanti 842 imprese, che, nonostante la crisi economica, hanno distribuito ai poveri 1,2 milioni di Euro. Sono state pure assegnate nel mondo 2.000 borse di studio e avviati 50 programmi di sviluppo. Ma al di la dei numeri, va considerata l'azione formativa nel mondo, che, ad esempio, vede oggi 20 Settembre concludersi nella Cittadina dei Focolarini a Loppiano (Incisa Valdarno) lo Work shop di Economia di Comunione "Costruire il futuro" durato tre giorni e viene inaugurata la "Scuola di Economia civile" , mentre si stanno avviando le lezione dell' "Università Sophia".
All'estero va concludendosi la "Summer School" di Madrid e gli incontri di approfondimento in Francia. A Otmaring, in Germania,viene oggi presentata la IV Scuola di Economia di Comunione per i Paesi del Nord ed Est Europa.
Per esperienza personale, conosco il Centro medico "Moyi Mwa Ntongo" di Kinshasa, nella Repubblica Federale del Congo, da me promosso con persone amiche e gestito della locale Associazione per l'Economia di Comunione", attiva nella scuola primaria e pure nella produzione agroalimentare e ittica. Questa struttura svolge prevenzione e cura della cecità infantile ed effettua interventi oftalmologici, destinando le entrate dei paganti alla cura gratuita degli indigenti. Si avvale di moderne attrezzature mediche ed è collegato via satellite col San Raffaele di Milano per le diagnosi più complicate, grazie alla disponibilità gratuita dell'Ente Spaziale Europeo. Ha i bilanci in attivo. Attualmente è in costruzione un nuovo reparto per la maternità e le cure neonatali, finanziato interamente con persone amiche. anche per le attrezzature e la formazione professionale. Le funzioni mediche e infermieristiche saranno tutte svolte da personale locale, adeguatamente preparato in Italia e che può gestirsi in autonomia.
Per la particolare spiritualità, incentrata sull'Amore e sulla Fratellanza in Cristo, l'aspetto economico viene qui vissuto come "dono" sin dall'origine del Movimento, proteso, come era ed è attualmente, a vivere il Vangelo.
Il fondamento dottrinale non manca e, per brevità, mi limito a richiamare la recente "Caritas in Veritate" di Benedetto XVI, che considera l'"economia del dono" nelle sue relazioni con l'"economia sociale di mercato"(**), cui possono connettersi i principi della "Deus caritas est" di solidarietà e sussidiarietà. Ciò attualizza ed illumina ulteriormente le ragioni per le quali le imprese partecipanti all'Economia di Comunione destinano il profitto in parte all'impresa ed in parte alla diffusione dell'economia del dare ed a sollievo dalla povertà.
Tutto ciò induce a considerare che la Politica Economica possa ispirarsi anche ai nuovi comportamenti gestionali delle imprese, che riportano il profitto al suo corretto significato, ridimensionano il Molok del denaro e danno maggior dignità al capitale ed al lavoro. Essa dovrebbe intervenire nel creare le migliori condizioni affinché queste forme gestionali vengano diffuse e contribuiscano ulteriormente, come potrebbero, al raggiungimento dei fondamentali obiettivi della Politica Economica.
Infatti, gli effetti prodotti da queste e da taluni altri modi innovativi di operare, per l'insita rilevanza sociale, mettono in luce una stretta connessione tra Economia Politica e Politica Economica e contribuiscono ad evidenziare l'esigenza che vengano individuate ed adottate nuove modalità di definizione e di verifica del conseguimento dei fondamentali obiettivi di Politica Economica, non abbarbicati soltanto a principi generali, ma articolati per calarsi nella realtà attuale e concreta dell'economia e della finanza, attraverso nuovi modelli ed idonei strumenti applicativi.
Se ciò fosse già avvenuto, certe decisioni non sarebbero state prese nel nostro Paese, sia pure nel virtuoso intento di sistemare il bilancio pubblico, come i tagli indiscriminati della spesa, che, penalizzando fattori di progresso sociale, culturale e scientifico, avrebbero poi finito col frenare la crescita futura e, quindi, con l'ostacolare la realizzazione di fondamentali obiettivi della Politica Economica, o come altre misure per l'ulteriore contenimento del deficit, cui eravamo tenuti per lo spread e per l'Europa, ma realizzate con scarsi correttivi idonei a contrastare gli effetti negativi per la ripresa della nostra economia. Al riguardo si vedano le esortazioni in Atti del "Centro Internazionale di Studi Michea" e segnatamente Rovigo 5.12.2008
In questi casi è stato disatteso, come spesso nel passato, il fondamentale equilibrio che deve reggere il conseguimento degli obiettivi della Politica Economica, senza il quale, assegnando un'eccessiva priorità ad un obiettivo, viene inevitabilmente danneggiato il conseguimento degli altri fondamentali obiettivi e, a lungo andare, anche quello dello stesso obiettivo prescelto: è di tutta evidenza che, se una misura per il bilancio comprime l'attività economica, si riducono le entrate fiscali e si torna da capo vanificando gli immancabili sacrifici.
Ma mi preme qui rilevare che in una società ed in un'economia fluide, anche per effetto dell'inarrestabile globalizzazione(***) e della conseguente diversa allocazione delle attività economiche ed in considerazione di altre eventuali crisi che potrebbero verificarsi in presenza dei noti squilibri sistemici, soprattutto nell'ambito finanziario, l'intervento pubblico non può limitarsi a drenare risorse per sostenere la spesa pubblica, ma deve individuare e adottare nuove forme di intervento.
In primis dovrà però ridursi la vischiosità burocratica ad ogni livello, intervenendo su istituzioni, strutture e procedure e contrastando le forze frenanti il cambiamento, come i ritardi della giustizia, la corruzione e la grande evasione, onde conseguire un miglior sistema Paese e un rilancio della competitività del nostro lavoro.
Lo spirito di Camaldoli ed il contributo che ne è seguito nel definire modalità innovative dell'intervento dello Stato nell'economia ed il conseguente "Miracolo economico" stanno a dimostrare quanto sia opportuno un nuovo virtuoso ed incisivo ripensamento dell'intervento pubblico nell'economia, per superare l'attuale fase di stallo e garantire positivi sviluppi futuri. Ad essi dovrebbe pure contribuire l'introduzione di nuove modalità di valutazione dei provvedimenti legislativi, regolamentari e amministrativi, nella loro idoneità a sostenere, o quanto meno a non ostacolare, il perseguimento degli obiettivi della Politica Economica, ai quali sia stata assegnata priorità, nel rispetto del richiamato equilibrio.
Al riguardo non posso esimermi dal rilevare che misure come quelle ventilate a breve per ridurre il debito, liquidando alcune partecipazioni in soggetti economici attivi e operanti con successo, peraltro in una congiuntura particolarmente sfavorevole per taluni realizzi, non sembrano assecondare una visione di ampio respiro dell'economia del Paese ed appaiono in contrasto con le suesposte esigenze di ripensamento dei contenuti, delle modalità e degli strumenti della Politica Economica. Appaiono quanto meno premature ed in quanto tali avulse da una rinnovata visione d'assieme e ispirate eccessivamente da istanze di breve periodo.
Confortati dalla convinzione che la crisi non si sarebbe verificata se fosse stata applicata la dottrina sociale della Chiesa, anche nella forma meno rigida, è auspicabile un rinnovato impegno da parte dei laici cattolici, che illumini pure l'attuale situazione di crisi, di smarrimento anche ideologico e consenta di individuare e proporre linee guida di Politica Economica, compatibili con la Dottrina sociale della Chiesa, del quale l'odierno incontro meritoriamente promosso dal Presidente Enzo Scotti potrebbe costituire una qualificata premessa.
E ciò avendo anche presente il prezioso contributo già offerto nel passato dai laici impegnati, a sostegno degli addetti ecclesiali alla materia, nella definizione della Dottrina sociale della Chiesa. Le aperture di Papa Francesco lasciano bene sperare in questo senso.
E qui concludo pensando che nello scenario denso di ombre del nostro Paese, che vede meno distruzioni fisiche del 1943, ma più labilità morale, civica e d'impegno responsabile, un'iniziativa nello spirito che ha addotto al Codice di Camaldoli possa alimentare la speranza del credente e lasciare intravedere squarci d'azzurro che facciano svanire la cupa figura di Caino, da me provocatoriamente evocata in apertura di queste note.
Allegata lettera di Chiara Lubich da Sierre (CH) del 30 Giugno 2000 (si veda "Economia di Comunione)
(*) A partire dal fallimento della Lehman Brother il debito consolidato dei Paesi del G7 è aumentato di 18.000 miliardi, sino a raggiungere 140.000 miliardi di USD, pari al 440% del PIL di questi Paesi, che è sostenibile soltanto se non crescono oltre misura i tassi di interesse. Ogni abitante di questi Paesi ha in carico 24.000 USD; ogni abitante della terra circa 2.500 USD.
(**) La definizione, meglio correlata da Stefano Baietti con l'origine tedesca dell' espressione, sarebbe:"Libera economia che produce benefici sociali".
(***) Negli anni 1990 la globalizzazione è stata da me definita come "uno straordinario sviluppo delle possibili relazioni, non soltanto economico-finanziarie, pur preminenti, tra le diverse aree del globo, con modalità e tempi tali da far sì che ciò che avviene in un'area si ripercuota anche in tempo reale sulle altre aree, pure le più lontane, con esiti che i tradizionali modelli interpretativi dell'economia e della società non sono in grado di valutare correntemente, anche per la simultaneità tra l'azione ed il cambiamento che essa produce".
RIUNIONE DEL 25 NOVEMBRE 2013 ALLA LINK CAMPUS UNIVERSITY
Intervento di Giancarlo Pallavicini
Sto vivendo una dicotomia tra l'indispensabilità del mutamento culturale e la necessità di intervenire nell'urgenza di porre riparo alle frequenti anomalie della politica economica italiana, per buona parte dovute alla política, che non è in grado di orientare il Paese.
Non vi è dubbio alcuno che l'indispensabile mutamento culturale sul quale poggia un possibile rimedio alle negative particolarità della politica, della pubblica amministrazione e dell'operatività economica in Italia richiede tempi non conciliabili con l'urgenza di affrontare il problema nell'attuale fluida e confusa fase di crisi economica e politica.E' tuttavia da considerare che il muoversi nell'attuale situazione politica comporta il rischio di essere avviluppati dalle sole istanze a breve, in una confusione che sostituisce l'utile con l'elettoralmente opportuno a questo od a quel partito.
Come fare? La proposta, che mi viene d'istinto in mente per conciliare le istanze di ampio respiro, con quelle più immediate, è di darsi un preciso programma di approfondimento culturale, strettamente ispirato ad un autentico storicismo, e , nel contempo, di avviare un'azione, in tempi brevi, intesa ad inserire nell'attuale dibattito politico considerazioni ed idee compatibili con la più generale visione ispirata, per esperienza e ruoli vissuti, ai valori di Camaldoli ed a salvaguardia di alcuni principi ai quali dobbiamo necessariamente informarci nell'azione di più ampio respiro. Il tutto nelle forme e nei modi che si renderanno possibili.
Qui la parola passa a chi è addentro ai meccanismi della politica, che per esperienza e ruoli vissuti è in grado di proporre un percorso virtuoso. Percorso che preconizzi i futuri indirizzi che scaturiranno dall'analisi, dapprima storica, e che illumini l'auspicato cambiamento culturale, cui si ispira l'azione di più lungo ed ampio respiro. Soltanto così, a mio giudizio, si può contemperare l'istanza di lungo periodo con l'urgenza di porre in argine al diffuso disagio politico, economico e sociale che attanaglia il nostro Paese.
Passando dall'enunciazione astratta a indicazioni più puntuali e precise, vorrei ricordare che l'azione di lungo periodo, connessa all'auspicato cambiamento culturale, trae spunto dalla necessità di predisporre un'azione atta a rimuovere i cardini sui quali poggia la crisi delle coscienze, ancor prima che di quella finanziaria ed economica, strettamente interconnesse, che hanno rivelato la loro natura sistemica. La crisi di cui soffriamo da anni è infatti la conseguenza di un modo di operare nella finanza e nell'economia in generale che, all'insegna di un male interpretato liberismo, ha assecondato soprattutto gli eccessi di cupidigia, l'affievolimento dei controlli e l'assenza di adeguati correttivi, ispirati anche a principi di sussidiarietà.
Ciò ha favorito la sfrenata corsa a massimizzare le "performances" a breve nelle istituzioni finanziari e in taluni altri settori, anche a costo di compromettere la solidità nel futuro. Ci si è spesso liberati di immobili e quanto altro non poteva essere buttato nel vorticoso giro d'affari, imponendo ulteriore fluidità al sistema economico in generale ed a quello finanziario in particolare. Le banche sono diventate supermercati di titoli, spesso "derivati", di cui spesso non conoscono i rischi del "sottostante", che peraltro vengono traslati sulla clientela.
Si ritiene che nei circuiti finanziari circolino derivati in quantità da sette e dieci volte il PIL dell'intero globo. Che non potranno mai essere tutti rimborsati, ma solo rinnovati o ritirati da Istituzioni di Vigilanza, come nel caso dei "sub prime" ad opera della Fed al ritmo di 85 miliardi di dollari al mese (40 per i Bond e 45 per i titoli tossici immobiliari), da pochi giorni sceso a 75 miliardi. Praticamente un trasferimento di dimensione enorme dal debito privato a quello pubblico, proprio nel Paese ritenuto paladino del liberismo. Pur di metterci la necessaria pezza.
Ma anche al di qua dell'Atlantico (Oceano ormai in irrefrenabile declino in favore del Pacifico, come centro geopolitico ed economico), abbiamo la pessima gestione delle crisi all'interno dell'Unione Europea, con la Grecia in ginocchio, per i ritardi negli interventi, ormai costati centinaia di miliardi, quando ne sarebbero bastati da 30 a 50 nella fase iniziale della crisi, per evitare gli enormi sacrifici, come i licenziamenti dei pubblici dipendenti o la decurtazione degli stipendi e delle già magre pensioni, per assecondare le paure inflazionistiche della Germania, che sembra non avere del tutto rimosso la Repubblica di Weimar e che che sembra utilizzare il processo integrativo europeo e la stessa crisi economica per avvantaggiarsi economicamente e finanziariamente, come ampiamente dimostrato dai dati macroeconomici(*) e come sembrano denotare alcune recenti decisioni dell'attuale Cancelleria.Una politica che nel lungo periodo si ritorcerà in danno della stessa Germania, per le minori integrazioni dell'area Europea e la perdita di influenza nello scacchiere geopolitico ed economico.
Di fronte all'affievolirsi dell'attenzione al perseguimento dei principi che hanno addotto al Trattato di Roma e ad alcuni passaggi successivi, è legittimo prendere atto dello scadimento degli attuali attori politici, e del concentrarsi dell'attenzione sul "proprio particolare" di Guicciardiniana memoria, peraltro limitato al breve e nell'assenza di visioni di ampio respiro temporale e culturale cui l'Europa avrebbe storicamente diritto, anche per non finire nell'irrilevanza di tutte le sue componenti, individualmente smarrite nel vasto scacchiere globale.
Per ragioni di tempo concludo richiamando i limiti della formazione legislativa, regolamentare e amministrativa sempre più orientata, nel nostro Paese come altrove, agli aspetti riguardanti l'economia e il denaro e sempre meno correlata ad altre istanze dell'umanità e dell'ambiente culturale e naturale.
E qui mi sovviene la massima "Il bene del popolo è la legge suprema", non dovuta a Marx, come si potrebbe pensare dati il ruolo di consulente per la "perestrojka" diGorbacev e la mia qualifica di membro dell'Accademia Russa delle Scienze, e neppure alla carta costitutiva degli Stati Uniti d'America, ma al III° libro delle "Leggi" di Cicerone.
L'auspicio che di cuore formulo è che le iniziative che prendono le mosse da Camaldoli possano contribuire a ricordarcene ed a ricordarlo a tutti gli addetti ai lavori.
(*) Si pensi all'eccesso di surplus valutario accumulato e, ancor più, alle modalità adottate per il salvataggio delle banche della Grecia, forti debitrici della Germania, che ha messo in sicurezza i suoi crediti, assumendo soltanto l'alea di dover partecipare pro-quota alle prevedibili perdite comunitarie nel caso, assai probabile, di un mancato rientro dei finanziamenti alla Grecia, che graverà pro-quota su tutti gli altri Paesi, compreso il nostro.
L'Ue e le sue idee guida “In difesa dell'Europa decadente”
... appartengono a: Stefano Baietti, Ida Caracciolo, Gaia Catalani, Giuseppe Di Taranto, Marco Emanuele, Giuseppe Guarino, Maurizio Melani, Ferdinando Nelli Feroci, Giancarlo Pallavicini, Valentina Panetta, Mario Pendinelli, Paolo Savona, Vincenzo ...
edito da Eurilink (Link Campus University), Roma, Luglio 2014
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Per capire meglio il senso dell’opera collettanea “In difesa dell’Europa decadente” che ricalca l’omonimo titolo del saggio storico di Raymond Aron, è forse preferibile dare subito un’occhiata ai passi presi da due degli interventi raccolti dal libro che appartengono a: Stefano Baietti, Ida Caracciolo, Gaia Catalani, Giuseppe Di Taranto, Marco Emanuele, Giuseppe Guarino, Maurizio Melani, Ferdinando Nelli Feroci, Giancarlo Pallavicini, Valentina Panetta, Mario Pendinelli, Paolo Savona, Vincenzo Scotti, Piergiorgio Valente .
Così si esprime Mario Pendinelli, già direttore de Il Mondo e de Il Messaggero, e ora professore presso la Link Campus University: “L’Unione Europea è nata come un patto di pace e di sviluppo tra i vincitori e i vinti della seconda guerra mondiale. Sullo sfondo della cosiddetta guerra fredda che divideva il mondo in due blocchi contrapposti l’Europa aveva riscoperto le radici comuni delle sue nazioni, in una parola: l’anima racchiusa nella sua cultura. Il mercato comune legava l’espansione economica alla riaffermazione di antiche virtù morali: il primato della persona, i diritti delle minoranze, la giustizia sociale, lo Stato di diritto
Il modello di sviluppo della prima Europa si ispirava ad un capitalismo etico: aperto e trasparente, senza monopoli, posizioni dominanti e illiberali. E il cosiddetto Welfare, dalla previdenza alla scuola, alla sanità pubblica, caratterizzava il modello europeo e garantiva la coesione sociale, giudicata indispensabile per vincere la sfida dei nuovi totalitarismi”.
Nella sua riflessione così ci “cattura” Marco Emanuele, studioso della complessità, grande amico e discepolo di Edgar Morin, e anch’egli docente di “Democrazia e Totalitarismi” presso la Link Campus University: “Se guardiamo alla storia del Vecchio Continente dal secondo dopoguerra ad oggi ci rendiamo conto di ciò che abbiamo perduto, personalità politiche e tecniche di prima grandezza che hanno lavorato insieme e con visione strategica per fare dell’Europa un grande laboratorio di convivenza e di pace e un “player” globale in termini di crescita e di sviluppo. Nel tracciare un cammino dell’Europa negli ultimi sessant’anni ci si rende conto dell’immenso lavoro svolto e, analizzando i contenuti dei documenti, risulta evidente lo spirito costruttivo, e visionario, con il quale grandi uomini di Stato, e grandi europei, hanno voluto e ottenuto risultati che sono passati alla storia. Non privilegiando le utopie ma, ancora colpiti dalle tragiche conseguenze dei totalitarismi, essi operarono con una logica profondamente politica e che definisco di ‘realismo progettuale’”.
Dunque, “anima” da un lato, e “realismo progettuale” dall’altro, come le vere cerniere, le coordinate imprescindibili, lo zeitgeist, lo “spirito del tempo” potremmo dire, attualissimo per far sì che l’Europa non sia più solo un agglomerato di paesi accorpato da logiche germanocentriche, da politiche di fortissimo rigore fiscale e da una pressoché totale assenza di valori condivisi che non siano le forme astratte della finanza e dell’economia liberale più spinta. La grande scommessa, insomma, che ci si trova di fronte, è riappropriarsi del pensiero dei padri fondatori di un’Europa che nasceva sullo sfondo di un aspro scenario, quello della Guerra Fredda, e che avrebbe dovuto portare a sviluppo, coscienza collettiva, solidarietà, lotta alle discriminazioni e ai focolai regionalisti in nome di una rinnovata idea di comunità allargata.
I ventisette milioni di disoccupati, le sacche di disagio sociale, i cieli attraversati da bombe e le terre dove si accumulano sangue e vendette, emarginazione e clandestinità, stanno lì a urlare un riscatto e un nuovo patto di unione per ridare luce e umanità a un patrimonio sociale, culturale, etnico che corre il rischio di diventare un grande ordigno pronto a esplodere, la spia di un’incomprensione violenta fra popoli che invocano etiche e progetti diversi, e forse per il momento drammaticamente inallineabili.
Sotto accusa soprattutto è la politica di austerità, elevata quasi ad una forma di dogma, che ha caratterizzato gli ultimi anni dell’Unione Europea; nel libro, al contempo, si documentano tutti i fallimenti di tale strategia e si avanzano proposte concrete per le riforme indispensabili a far sopravvivere l’Europa stessa.
Un libro think-tank, dunque, agile e utile, per sentirci più cittadini continentali e del mondo di quanto ci percepiamo oggi.
AA.VV. “In difesa dell’Europa decadente” (Eurilink, pagg. 133, euro 16)